27.4.13

Quei pregiudizi che fanno male

Negli ultimi articoli ho voluto ironicamente descrivere i tedeschi e gli stereotipi ad essi legati. Più o meno veri, più o meno spiritosi. Ognuno nasce con dei pre-giudizi dovuti alla società della quale fa parte, giudizi che si tramandano di generazione in generazione e che mai nessuno bene o male smentisce mai. Sono quei giudizi che ci accompagnano spesso per tutta la vita, e possono essere totalmente ridicoli, leggende metropolitane o avere un fondo di verità. Fintanto che si scherza, che si ingigantisce una peculiarità, gli stereotipi fanno sorridere chi li ha e chi li subisce. È nel momento in cui tali stereotipi si trasformano in veri e propri danneggiamenti e offese che si capisce l’ignoranza di una persona.


Bisogna smetterla di catalogare gli italiani come tutti mafiosi e tutte olgettine, come scansafatiche o come maleducati. Purtroppo all’estero, non mi stancherò mai di ripeterlo, l’Italia non ha fatto proprio una bella figura negli ultimi anni ma generalizzare è sinonimo di superficialità. E la cattiveria della gente fa male. Di quella gente che non mi vuole conoscere perché sono italiana, di quella gente che non mi prende sul serio perché sono italiana, di quella gente che pensa che il fatto che io stia con un tedesco sia solo per scappare opportunisticamente dalla mia situazione di italiana alla deriva.
Ogni volta devo dimostrare che non sono come loro pensano, che sì, chiamerò mia madre più di quanto facciano loro e che sì, forse urlo e gesticolo un po’ troppo, ma che tutto sommato sono una bella persona. Per lo meno che non viaggio armata, non ho un padre in prigione e sono anche capace di rispettare orari e code.

Lo stesso vale per i tedeschi. Quanto è triste constatare come ancora tanti italiani (e non solo loro) catalogano i tedeschi come nazisti. Lo sono stati, questo è certo. Ma perché continuare, a distanza di quasi 100 anni, ad etichettarli come tali? Beh, vi sfaterò un mito: non lo sono affatto. Chiaro, mai generalizzare, qualche antico sostenitore c’è sempre, ma lo stesso si potrebbe dire dell’Italia e del fascismo. Ma la maggior parte del popolo tedesco prova profonda vergogna per quel che è successo anni fa, non dimentica assolutamente – come molti credono – ed è consapevole dei propri errori. Ma per quanto ancora si può colpevolizzare un Paese? Le nuove generazioni non ne hanno nessuna colpa, quanto ancora dovranno pagare per questo?

Se quando si pensa all’italiano si pensa alla mafia, e noi ci adiriamo, quando si ha a che fare con un tedesco il pensiero va al nazismo. Io ho conosciuto la tristezza di chi, tedesco, non osa appendere fuori dalla finestra la bandiera nazionale, chi teme di sembrare troppo patriottico, chi in sostanza teme ad amare la sua terra, per paura di essere considerato un nazista. Ciò che è accaduto mezzo secolo fa non è da dimenticare, ma diamo la colpa solo a chi ce l’ha. Oggi la Germania è uno dei Paesi più rispettosi, più puliti e più trasparentemente democratici, non si può certo dire così dell’Italia. Il nostro Paese ha solo da imparare in molte cose. In Germania ho trovato gentilezza, disponibilità, meritocrazia, senso civile. E ancora servizi che funzionano, treni che arrivano in orario, università organizzate, serietà. Non ho trovato razzismo, omofobia, xenofobia, moralismo.

I pregiudizi ammazzano le relazioni sociali e impediscono il progresso. Chi si mantiene tenacemente aggrappato alle proprie convinzioni si perderà tante occasioni di crescita, tanti belli incontri nella vita, che gliela arricchiranno. Perché la diversità è bella.



Originariamente scritto in data 9/04/2013 su www.giovaninrete.it. La mia valigia Erasmus 

Nessun commento:

Posta un commento