27.4.13

Cosa mi ha dato l'Erasmus?

Son passati circa tre mesi dalla fine del mio periodo Erasmus e dal mio ritorno (più o meno traumatico) in patria. Nella patria di sempre. Con i problemi di sempre. Con i luoghi di sempre. Eviterò di raccontare di come i miei giorni si susseguano pressoché uguali l’uno all’altro, dove il perdere le chiavi di casa sia l’avvenimento più rilevante dei miei ultimi 20 giorni.  Eviterò di sottolineare come qui in Italia anche il cercare un libro in biblioteca sia un’impresa alla stregua delle 12 fatiche di Ercole. Eviterò di non fare confronti tra le opportunità che i giovani hanno e la serietà con la quale sono trattati in Inghilterra e gli ennesimi tagli all’istruzione del governo italiano.
Eviterò, dunque, tutto ciò, per concentrarmi invece sulla domanda che ogni ex-Erasmus si è sentito chiedere e che, inevitabilmente, si chiede da solo: cosa mi ha dato l’Erasmus?


Non è una domanda semplice. Tante volte me la sono posta e ancora adesso non sono sicura della risposta.
Pochi giorni fa, in occasione del mio compleanno, mentre spegnevo 22 candeline, ho ripensato a quello dell’anno precedente. Allora mi apprestavo a partire per Warwick, ignara di cosa avrei trovato. E adesso mi ritrovavo alla stessa tavola, con le stesse persone, a fare un bilancio del mio anno all’estero. E più che un anno sembra passata una vita. Perchè è un’altra realtà quella in cui si trova lo studente Erasmus al rientro. Ha un bagaglio di esperienze ricco e interessante, ha voglia più di prima di mettersi in gioco, di provare, di partire. Si sente forte e invincibile, si sente cittadino del mondo, si sente pronto a conquistare il pianeta. E si ritrova invece a fare i conti con spazi limitati e del tutto inadeguati al suo ego in continua crescita.

Lo studente in fase post-Erasmus ha bisogno di auto-affermazione.  Ha bisogno di saziare i suoi appetiti in un altrove ideale che non esiste. La tipica “sindrome post-Erasmus”. Che naturalmente nessun altro può comprendere se non un altro studente in fase post-Erasmus. Perché è così. Finché non si prova l’Erasmus non si può capire. L’Erasmus è forse la prima rilevante esperienza all’estero di un ragazzo, la prima avventura che gli cambierà la vita. Anzi, gliela sconvolgerà. Perché lo studente in fase post-Erasmus non ha più certezza alcuna. Quei pochi capisaldi della sua vita maturati nel corso di 20 anni si sono sgretolati in 9 mesi. E lo studente in fase post-Erasmus si sente perso. Perso nella sua propria esistenza, perso tra le facce di sempre, perso tra le strade della sua città di sempre. Perso tra le infinite opportunità che adesso gli si aprono di fronte.

Perché non ci si rende conto di quanto l’Erasmus sia vitale finché non lo si prova.Umanamente e lavorativamente parlando. Un periodo di studi all’estero conta in un curriculum più di un 110 e lode. Perché lo studente ex-Erasmus sa le lingue, sa relazionarsi con il prossimo, si trova a suo agio nelle situazioni “internazionali”, rappresenta, in poche parole, un tesoro prezioso per l’azienda che lo andrà ad assumere.

Post-Erasmus. Già, che cosa c’è dopo?
Inutile cercare di ricreare l’atmosfera Erasmus a casa propria. Niente di più sbagliato e del tutto inutile. Non piangersi addosso rimembrando il buon tempo antico delle baldorie con gli amici, ma ripensare a quei momenti come l’inizio di un nuovo e lungo percorso che lo studente ex-Erasmus ha la possibilità di intraprendere. L’inizio di un nuovo e fortunato modo di pensare. Tutto europeo.

E riparlando con compagni insieme a me di questa avventura, siamo giunti alla conclusione che la fine dell’Erasmus non è la fine di tutto. Non conta come eri felice in quel periodo, conta come sei adesso. E io adesso mi sento irrequieta. Sento che mi manca qualcosa. Sento che non voglio fermarmi. Sento che voglio continuare a navigare in questo mare di nuovi orizzonti che la vita mi ha messo davanti per un bel pezzo ancora.

In bocca al lupo a chi si accinge a partire ora, e buona fortuna a chi è appena tornato. “Se pensi che l’avventura sia pericolosa, prova la routine. E’ letale.” (Paulo Coelho) 



Originariamente scritto in data 24/09/2012 su www.giovaninrete.it, La mia valigia Erasmus 

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